Un cuore logorroico
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Un cuore logorroico


Dove stanno le parole? 

Ne è piena la mente. 

Ho l’immagine di stringhe di lettere che circolano e si incrociano di continuo, all’altezza delle tempie.

Nella mano, che guida la penna a portarle via, per depositarle su un foglio. 

Ma posso dire, con certezza quasi assoluta, che a farle nascere ci pensi il cuore. 

Tanto più se è un “Cuore logorroico” come quello di Stefania Congiu, che (finalmente) ci regala la sua seconda raccolta di poesie.

Sono altrettanto sicura che nel momento in cui lo leggerete, ci sentirete anche il vostro di cuore, dentro. In questo spazio condiviso e paradossalmente silenzioso come soltanto un libro riesce a essere. 

Molto spesso si suole fare confronti tra i libri di uno scrittore. E così, immancabilmente, penso a “L’elefante tra gli ombrellini” dove Stefania scattava parole, scrivendo fotografie così nitide che sembrava si animassero davanti agli occhi.

Ora abbiamo questo cuore, che ha come cambiato prospettiva.  

Legato profondamente alla natura della nostra Terra, alla lentezza, a chi… per forza di cose ha dovuto osservare molto più dentro, che fuori. 

Così, è parso a me. 

Ma si sa, le parole, soprattutto quelle in versi, hanno l’enorme potere di uniformare o ramificare i pensieri, in un terreno da spartire tra chi scrive e chi legge. 

Io, sono grata a Stefania per aver trovato il coraggio, una seconda volta, di donare a noi le parole del suo cuore logorroico. 

Spero tanto lo sia anche lei, per essere riuscita a lasciarle andare.

Di chi scrive

“Si sentono arrivare 

come onde improvvise, 

non hanno barriera.

Si prova a scansarle

ad allontanarsi 

a non ascoltare.

Delle volte sono leggere, 

altre pesanti.

Non si lasceranno mettere a tacere, 

devono avere parole.

Serve uno spazio vuoto, 

spesso servono silenzi 

per i turbamenti di chi scrive 

schiavo di emozioni e impressioni 

che anche solo un altro 

a leggere possa riconoscere”.

Un cuore logorroico

Stefania Congiu

Erika Carta

Iglesias incontra la poesia

Iglesias incontra la poesia

Libertà

“Quando la stanza dell’inquietudine

diverrà sempre più grande

ingombrante e invadente,

lei lascerà la casa.

Attraverserà la porta

con i suoi piccoli piedi

nelle scomode ciabatte.

Avanzerà tra la polvere

le pietre, le foglie

sotto la pioggia

o lascerà leggere orme

sulla neve bianca.

Scanserà ogni luogo comune

allontanerà ogni zavorra

scavalcherà ogni ostacolo,

muterà il tempo incendiandolo

un’altra volta ancora.

Silenziosa, è soffio

che arriva ovunque,

guida di battaglie

richiamo che no tace,

ombra che nessuna oscurità

imprigiona mai.”

Iglesias incontra la poesia. Nuova, densa di emozioni e di fotogrammi istantanei. E la accoglie nelle parole di Stefania Congiu, figlia di questa città, innamorata degli ombrellini sospesi sopra Via Nuova.

La sua opera prima, una raccolta di alcune poesie ha come titolo, per l’appunto, “L’elefante tra gli ombrellini”.

E subito, l’immagine rimanda a qualcosa di pesante, greve, che ha bisogno e desiderio di sentirsi leggero, di librarsi al di sopra della malinconia.

Questo è la poesia per Stefania, come ha raccontato lei stessa alla serata, organizzata da Gennarta Servizi in collaborazione con Argonautilus, che l’ha vista protagonista ieri 18 Settembre, alla Biblioteca Comunale di Iglesias.

“È una valvola di sfogo”, dice. “Soltanto così, riesco a fermare le parole che mi riempiono la testa”.

E con simpatia, Stefania supera il momento di imbarazzo… quella linea sottile tra “scrivo solo per me stessa” e “è arrivato il momento di far conoscere anche agli altri quello che scrivo”.

Ed è un successone, perché le persone si rispecchiano, interpretano, comunicano tra loro. Si ha bisogno anche di questo: del coraggio, della bellezza di parole che descrivono le emozioni e il quotidiano.

E per mantenere la scia d’arte scatenata ieri, Stefania, Gennarta Servizi e Argonautilus replicheranno con un’altra serata, la settimana prossima alla fattoria didattica di Donne Rurali Società Agricola per una serata di poesia e luna piena.

 

di Erika Carta

Alla riscoperta di Peppino Mereu

Fonte: Sardegnareporter.it a cura di Sara Garau

Iglesias. Alla riscoperta di Peppino Mereu, tra una lettura e una chiacchierata

Nell’intimità del “Breakfast Pub” di via Sarcidano, una lettura sperimentale in memoria del poeta Peppino Mereu, organizzata nella serata di sabato dall’associazione ArgoNautilus, ha permesso al pubblico di riscoprire un autore parte integrante del tessuto culturale sardo

Nata mereu_ilissopda un’idea di Luigi Floris, gestore del pub “Breakfast” di Iglesias e grande appassionato della produzione di Peppino Mereu, e dell’associazione culturale ArgoNautilus, ha avuto ieri sera luogo la lettura dedicata al poeta tonarese di lingua sarda.

Questa è una serata ‘sperimentale’. Abbiamo voluto provare a parlare di poesia, presentando un poeta sardo che è vissuto alla fine dell’Ottocento” – ha esordito la scrittrice e presidente di ArgoNautilus Eleonora Carta, aprendo la serata. – “Ci piacerebbe che questa fosse la prima di altre serate dedicate ad autori differenti, e che si trasformasse in una chiacchierata capace di coinvolgere tutti”.

E non si può negare che, se l’obiettivo era quello di coinvolgere il pubblico e trasmettergli la sensazione che il patrimonio culturale e l’esperito umano di Peppino Mereu sia anche il suo, l’operazione ha senz’altro avuto successo.

Il compito di presentare il poeta al pubblico è stato assegnato al dott. Damiano Vacca, giovane autore iglesiente cultore di letteratura e vicende sarde, che ha tracciato un ritratto di Peppino Mereu schietto e informale, ma al contempo colto e pregnante.

Si è svelato così un Peppino Mereu inedito ai più, non solo autore di Nanneddu meu, (composizione dedicata a Giovanni “Nanni” Sulis, medico e amico di famiglia del poeta) riportata in auge dalla splendida canzone dei Tazenda, ma prima di tutto uomo del suo tempo che, con straordinaria sensibilità, ha saputo mettere in versi il travaglio interiore di chi assiste al cambiamento di un’epoca.

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Per Damiano Vacca “Peppino Mereu costituisce la spina dorsale del lirismo sardo, la sua è poesia cantata e canzone poetica”, retaggio di una tradizione culturale sarda che predilige la trasmissione orale ad altre forme espressive.

Agonia II, Su canarinu de su rettore, Serenada, S’ambulante tonaresu, tra le poesie che le persone del pubblico hanno scelto di leggere, svelando così tutte le sfumature del poeta tonarese: un’esistenza accompagnata dalla raggelante sensazione di una morte imminente (Mereu aveva contratto la sifilide, ed è morto a soli 29 anni), l’insofferenza al bigottismo clericale del suo tempo, la vivace passione per le donne, la curiosità con cui osservava le persone e i gli accadimenti della sua terra, nonché il devoto impegno politico, figlio della convinzione che “senza distinziones curiales devimus esser, fizzos de un’insigna, liberos, rispettados, uguales”.

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Durante l’esposizione delle poesie, anche la semplice constatazione della sconcertante dispersione semantica che avviene quando si fa seguire a una composizione la sua traduzione in italiano è diventata un’occasione per apprezzare la ricchezza e l’unicità della lingua sarda.

Così, tra letture, canti e chiacchierate, Peppino Mereu, autore radicato nella cultura sarda, ma, proprio come la radice, sotterraneo e non immediatamente visibile, è spuntato fuori, diventando di tutti.

La lettura dedicata a Peppino Mereu è un evento #FieraOFF della Fiera del Libro di Iglesias, organizzata dall’associazione ArgoNautilus. Hanno collaborato alla serata di sabato il locale “Breakfast Pub” e la libreria “Duomo” di Gianni Loi.

Di Sara Garau