Libri: veicolo di emozioni.

Spesso mi sono trovata, come altri prima di me, a elogiare i pregi della mia generazione, classe 1985, a discapito dei giovani di oggi. Questo, oltre a farmi sentire vecchia e antica, come altri prima di me, mi ha lasciato in bocca un retrogusto amaro condito con abbondante preoccupazione per il futuro.
Ho avuto piacevolmente modo di ricredermi.
Ho assistito in prima persona a uno degli incontri che vanno avanti da qualche tempo all’istituto Baudi di Vesme , un progetto della professoressa Federica Musu in collaborazione  con l’Associazione Argonautilus, in seno alla fiera del libro di Iglesias 2018.
Il progetto, ribattezzato “Costruire Emozioni” , si occupa di sondare il terreno dell’educazione sentimentale, questa sconosciuta.
Un reciproco scambio di informazioni, opinioni, domande e risposte tra i ragazzi e le ragazze delle classi IV e V e gli adulti di riferimento che ricoprono il ruolo di insegnante, come Federica Musu.
Veicolo del dibattito: i libri. Potentissima arma, associata per lo più alla scuola, allo studio, ma spesso sottovalutata perfino dagli adulti.
I testi sui quali i ragazzi stanno lavorando sono L’ira di Venere dello scrittore Piergiorgio Pulixi e La consistenza dell’acqua della scrittrice Eleonora Carta.
Si parte dalla lettura di alcuni passi, dando importanza anche ai dialoghi, e si arriva a discutere, a interrogarsi sui vari aspetti che emergono.
Si cerca di sondare le reazioni dei giovani a situazioni più o meno comuni. Prendendo spunto per esempio da alcune pagine de La consistenza dell’acqua si sono analizzati i rapporti interpersonali sulla sfera privata o i ruoli ricoperti nella società, che possono essere asimmetrici come quelli tra studenti e insegnanti oppure tra i coetanei stessi.
Si prendono in considerazione situazioni problematiche se non addirittura morbose, come in alcuni racconti descritti da Piergiorgio Pulixi ne L’ira di Venere.
L’intento formativo è quello di stimolare la discussione, avvicinando temi che in alcuni casi vengono evitati sia a scuola che in casa, spingere i ragazzi e le ragazze a prenderne atto con consapevolezza. Spronarli a mettersi in gioco tramite la comunicazione, la libertà di espressione delle proprie opinioni, la condivisione e il confronto anche di fronte a occhi e orecchie adulte, accorciando per quanto possibile il divario tra le età e le cariche ricoperte.
Quello che è emerso davanti ai miei occhi di giovane ma non più tanto giovane e adulta ma con ancora lo spirito dell’isola che non c’è, è che i ragazzi di oggi come me e gli altri prima di me, a quell’età hanno tutti le stesse paure, insicurezze e fragilità o talvolta sicurezze, convinzioni, reazioni infantili o mature.
È una continua scoperta, un terreno da esplorare e coltivare con cura.

©Erika Carta

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