Paolo Nori a Portoscuso

Paolo Nori a Portoscuso

Stavolta mi ci è voluto davvero un tempo insolito per pensare di esprimere la bellezza che ho interiorizzato.

Il 28 giugno, Paolo Nori è stato ospite di Argonautilus per il primo appuntamento di Fiera del libro di Iglesias 2023 Mappe, Il Festival.

Protagonista, il monologo “Noi e Anna Achmàtova” in riferimento al romanzo, “Vi avverto che vivo per l’ultima volta.”

In una notte tiepida dal profumo d’estate appena annunciato, Paolo Nori ci ha come ipnotizzati. Ascoltarlo è stata una fortuna e un onore, una di quelle occasioni che qui, in Sardegna… quando ti ricapita?

Il comune di Portoscuso ci ha accolti all’Antica Tonnara di Su Pranu, un luogo che sprigiona energia e che sembra raccogliere sempre e soltanto cose magiche. 

Nori ha introdotto il suo discorso così: io sono narcisista.

E mi ha conquistata dalle prime battute.

Perché, parliamoci chiaro, ammettere il narcisismo, pronunciarlo, è il primo passo attivo e necessario per dargli un confine, arginarlo affinché non si espanda, non diventi infestante.

E per comprendere le cose da altre prospettive.

Scavalcato questo muro, il resto è stato un racconto all’insegna dell’amore. Della passione pura e sfrontata per un paese e per la sua letteratura.

Da Gogol, a Dostoevskij, passando per la prospettiva Nevskij, per le notti bianche di una San Pietroburgo presente e passata, sempre viva dentro pagine e pagine di libri immortali.

Paolo Nori ci ha raccontato la vita di una scrittrice, una donna coraggiosa.

Anna, nata Gorenko il 23 giugno del 1889, davanti al narcisismo incurabile del padre che l’ha messa davanti a una scelta: scegli me o la poesia, ha cambiato cognome, prendendo quello di una sua antenata e diventando così la nostra Anna Achmàtova, una delle poetesse russe più importanti del secolo.

“Lascio la casa bianca e il muto giardino.
Deserta e luminosa mi sarà la vita”

Non si può eludere il contesto storico, sociale e politico ma la letteratura è altro, è oltre.

Scardina le imposizioni, aggira la disapprovazione, dà nome a tutte le cose. 

La letteratura quando è raccontata così, desta l’attenzione, il senso critico, la bellezza.

Nemmeno una zanzara sembrava volare nella sera incantevole del 28 giugno all’Antica Tonnara di Su Pranu a Portoscuso, quando Paolo Nori ha perpetuato l’incantesimo affermando che “la letteratura è più forte di ogni censura e di ogni dittatura.”

©Erika Carta

La mappa dell’Argonauta

La mappa dell’Argonauta

Cos’è una mappa?

La prima cosa che mi viene in mente, per associazione di pensiero è il tesoro.

Considerando che MAPPE è il tema di questa nuova edizione della Fiera del libro di Argonautilus, non ci discostiamo tanto.

Uno scrigno aperto otto anni fa che, illuminato con costanza, continua a spandere i suoi bagliori tutt’intorno.

MAPPE: tema che nasce dalle idee che hanno circolato per le trame della Rete Pym.

Fiera del libro di Iglesias, Elba Book Festival, Festival Giallo Garda, Officine Worth.

Rete come culla e insieme trampolino.

Immagino un filo arcobaleno che unisce la Sardegna all’isola d’Elba, a Garda ma anche alla Sicilia, a Roma e Barcellona, alla Toscana. E ancora, a Milano, Torino, all’Africa.

Che lascia il segno dentro ogni ospite, maestra, bambino, albergatore, libraia, bibliotecario, negoziante, lettrice, danzatore.

Dentro ogni persona che guarda, ascolta, partecipa, condivide. E così, lo trasporta di nuovo fuori, questo filo arcobaleno.

Se penso mappa, penso viaggio.

E io che son solita raccogliere le emozioni alla fine, quando ogni anno la Fiera volge al termine… e a renderle parole immediatamente dopo, questa volta sono stata, appunto, illuminata da un’altra idea.

Chi ci segue sta scoprendo giorno per giorno nuove mete di interesse da contrassegnare: ospiti, luoghi, eventi, laboratori, libri. 

Ma c’è una mappa nascosta nelle retrovie, fatta di persone, ansie e rituali. 

Una mappa a chilometro zero, costruita con il tempo e che  negli anni ha reso omaggio alla padrona della festa, la Terra. 

Che si è posta domande sulla verità e ha provato a rispondere con tutte le possibili parole che creano mondi.

Che quando ha sentito profumo di felicità, ci ha fatto caso, meravigliandosi per questo e per tutto il bello che è venuto e verrà.

In esclusiva, da oggi potrete consultarla per comprendere un poco cosa si muove nell’ombra.

Tutto ciò che dovrete fare per far sì che si riveli, è dire: 

“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.”

LA MAPPA DELL’ARGONAUTA.

Vi basti sapere che: 

*Quando uno comincia a perdere la voce e l’altra soffre il mal di schiena, ma nonostante tutto questo ridono, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando cominciano a evocare lo spirito guida che risponde sicura, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando i confini geografici si annullano anche prima che scompaiano davvero, e salpano tutti sulla stessa nave Argo, la Fiera è dietro l’angolo. 

*Quando uno prepara gli obiettivi, non quelli da raggiungere ma quelli con cui raggiungere e immortalare ogni cosa, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando una aggiunge ore alla giornata da mamma e prof, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando si iniziano a lucidare le magliette da supereroi, ad azionare i superpoteri, a parlare di sedie e scherzi, a risolvere più problemi di quanti se ne possano creare, gli ARGOVENGER sono dietro l’angolo.

Pronti ad accogliervi, guidarvi e camminare al vostro fianco, dal 22 al 25 Aprile, a Iglesias.

Allora, svoltiamo tutti dietro quest’angolo, che la Fiera del libro VIII Edizione ci aspetta, per scrivere, disegnare, danzare e sognare insieme nuove MAPPE.

© Erika Carta

Le streghe

Le streghe

Sono sicuro che, leggendo la mia storia, strillerete di paura. Pazienza. Bisogna pur dire le cose come stanno.

La bambina lettrice che è in me sta scalpitando.

La vedo seduta, stringere uno dei suoi libri preferiti, “Le streghe” di Roald Dahl, e sbattere i piedi.

No no e no.

Ed è da lei che vi farò chiedere: ma cosa state combinando? 

Perché me la ricordo molto consapevole, quella bambina che assimilava con purezza i messaggi in fondo ai libri. E li comprendeva, poi.

Proprio grazie a quella magia, alle parole che  già leggeva e già condivideva, aveva ben chiaro cosa fosse giusto e cosa sbagliato fuori dai libri. 

Certo, la fantasia poi faceva il suo beato corso, come per esempio guardare il viso di una donna e cercare di capire se avesse  “le narici un po’ più grandi del normale, con il bordo roseo e leggermente incurvato, come quello di certe conchiglie”.

Al tempo, credo di averla individuata una strega. E tutt’oggi, sono abbastanza sicura di non essermi mai sbagliata.

Mi chiedo quanto ancora potrà allargarsi il baratro in cui ci siamo gettati a un certo punto della nostra esistenza in società. 

Brulicanti in questo buio tondo, i passi meccanici, gli occhi chiusi. A far finta di spiegare le cose e invece coprirle sotto montagne di perbenismo nocivo.

Un po’ del senso critico che appunto mi si è formato tempo addietro, mi ha fatto domandare se siamo noi a esser cresciuti sbagliati e ora sbagliamo a indignarci così tanto.

No.

Perché i bambini, anche quelli di oggi, le cose brutte le vedono come le vedevamo noi, insieme a quelle belle. 

E cancellarle dai libri li renderà soltanto più isolati e indifesi. Senza un riscontro, senza parole non tanto per dire, quanto per capire.

Senza confronto, instradati in una via come se fosse facilmente percorribile, come se fosse l’unica possibile.

Magari.

Già, la nostra generazione è alle prese con un carosello di disillusioni che la metà basta, non possiamo accettare che ci venga estirpata pure la cultura che ha concorso a definirci.

Come glielo raccontiamo se no, ai “prossimi grandi” chi siamo stati, perché ora siamo così e che ci impegneremo, insieme a loro, a divenire?

Con quali parole se ce le togliete? 

Tesoro mio”, disse infine la nonna ”sei sicuro che non ti dispiace essere un topo per tutto il resto della tua vita?”
“Sicurissimo” dissi. ”Non importa chi sei né che aspetto hai. Basta che qualcuno ti ami.

©Erika Carta

La meraviglia

La meraviglia

Si dice che bisogna farle sedimentare, le emozioni.

Elaborarle, lasciarle raffreddare. 

Ma perché?

La mia urgenza è tutta contraria: trasferirle immediatamente sul foglio, impresse così come sono ora, vive e vivide. 

Avranno il tempo di depositarsi assieme a tutte le altre, di mutare in forme che al momento mi sono sconosciute.

La Fiera del libro 2022 di Argonautilus si è conclusa da poche ore. 

Il primo giorno sembra sia stato ieri e già lontano un mese. 

Del tipo: “Ti ricordi quando Dario Fabbri, analista geopolitico, è venuto a parlare al Teatro Electra?”

A conclusione delle prime ore di una Fiera che è esplosa in tutta la sua meraviglia annunciata.

Nulla da togliere a un tramonto sul mare, a un bel paesaggio ma, come ci ha insegnato Lino Fioretto, nella Lectio Magistralis su Fedor Dostoevskij, la meraviglia è altro. È qualcosa di molto, molto più profondo che passa per il buio, per il dolore; che prende forma nella penombra e nel silenzio.

Uno stato verso cui protendere continuamente, come per la felicità. 

Così sostiene il professor Andrea Maggi che, come Sara aveva previsto, ci ha fatte commuovere raccontando di amore e di rabbia.

Meraviglie, come Sylvia Plath e Gae Aulenti, raccontate da Antonella Grandicelli e Anna Rita Briganti.

O come le donne fatte di muscoli tendini e cuore, che si sono guadagnate la pista alle Olimpiadi per correre a fianco degli uomini e che hanno permesso alla meravigliosa Andrea Marcolongo, di tornare alla nostra Fiera per raccontarci anche la sua, di corsa incontro alla vita. De arte gymnastica.

Francesco Abate, Wu Ming, Antonio Manzini e Stefano Mancuso… meraviglie della natura.

Flavia’s end… intramontabile e che speriamo possa presto vivere di nuova vita attraverso gli occhi e il lavoro del regista americano Anthony La Molinara.

Saremo tutti alla prima fila con la maglietta Argonautilus a sostenere la nostra Claudia Aloisi.

I festival gemelli e gli amici dei festival, base dei nodi di questa rete, sempre più robusta.

Aldo Dalla Vecchia, Letizia Vicidomini, Marco Belli. Rete Pym.

Ospiti come Matteo Giusti,  che ti viene naturale salutare come se, trascorso un anno, rivedessi un vecchio amico.

La poesia che ci ha incantati tutti nei pressi di un vicolo, facendo volare il pensiero in alto, più in alto di questa terra.

È poi arrivato un momento che ha ridestato in me ricordi ancora caldi, appena conservati in un posto speciale nel cuore.

La Sicilia.

E questo ponte immenso con la Sardegna che si rinsalda ogni volta che è possibile ma anche da lontano. Giorno per giorno.

Il collettivo Sicilia Niura che narra in modi infiniti i volti infiniti di una terra sorella. 

Il mio amico Rosario Russo che ci tiene da morire e non esita a dimostrarlo. Che racconta di sé, dei suoi personaggi e luoghi ma anche dei suoi legami, rendendo tutto più vicino e meravigliosamente umano. E a cui vorrei dire che non ho mai letto così tanti gialli uno appresso all’altro, in vita mia, come da quando converso con lui di letteratura. E gli sono grata per i consigli di lettura, preziose scoperte.

Gaudenzio Schillaci che siccome, “la felicità si racconta sempre male”, ci pensa lui a sviscerarla con parole affilate. Le stesse che certe volte si ha necessità di attraversare a fondo, per comprendere la meraviglia. 

Alfio Grasso che mi ha fatto letteralmente piangere dalle risate e che, con la sua casa editrice Algra porta avanti un grande progetto trovando il suo meraviglioso posto fermo in mezzo all’immensità di questo mare.

Alosha Giuseppe Marino. Il primo danzastorie che abbia mai conosciuto. L’unico. 

Alosha che racconta senza parlare, che comunica, diverte, commuove. 

Professionalità e bontà d’animo, espressività e movimento.

Alosha che mi ha fatto regalo immenso, danzando in uno dei miei posti del cuore. Ancora sono incredula che sia accaduto veramente ma è proprio questo, l’effetto che fa: realtà sospesa, magia. Meraviglia.

Con attorno queste persone e con Antonio Pagliuso, autore, e Mattia della casa editrice Wom, mi sono trovata seduta in una sedia al centro del palco, al parco S’Olivariu, luogo che continua a regalarmi emozioni.

Ho moderato la tavola rotonda “Ponti di libri”. Un sogno, fatto di giorni d’ansia prima e grande soddisfazione, dopo. 

Una domenica importante che mi ha vista impegnata in prima persona anche con ArgoCircolo Letterario e tutti i gruppi di lettura dei diversi comuni. Persone presenti, davvero. Presto inizieremo la nuova avventura di quest’anno che ci vedrà partecipare una volta al mese ai nostri amati incontri e confronti di lettura.

Meraviglia è il pubblico che ci ringrazia per aver avuto la possibilità di partecipare a questi eventi carichi di bellezza. Ed è anche l’ospite che ci dice grazie, a sua volta. E che vuole tornare.

Sono sempre più orgogliosa o meglio, Fiera, di essere parte integrante e integrata di questa squadra Argonauta, che è la mia vera vera meraviglia. 

Che mi ha fatta nascere di nuovo e mi fa crescere sempre, come piace a me… dentro il mondo che mi appartiene.

I miei compagni di viaggio sono quanto di meglio potessi immaginare mentre camminiamo spediti con una sedia in mano, un mazzo di chiavi da consegnare, un ospite da far entrare in questo gruppo così meravigliosamente squilibrato e compatto. 

Perché mentre tutto accade, ci guardiamo, sorridiamo, ci abbracciamo, tendiamo due mani (che se potessimo ne tenderemmo anche tre o quattro). Ci fermiamo e ridiamo. 

Li ho lasciati per ultimi ma non smetterò mai di ribadire che senza Eleonora e Maurizio, tutto questo non esisterebbe. 

Siamo i primi a credere che la meraviglia non solo sia possibile… ma che sia l’unica cosa che ci salverà. 

Erika Carta

Amuninne

Amuninne

Sono stata in Sicilia tre giorni. 

Un tempo dilatato.

Non c’ero mai andata.

Mi è sembrato di averci sempre abitato e allo stesso tempo di aver visto tutto nuovo, per la prima volta.

Siamo arrivate a Catania che però è sembrata Cagliari per un lunghissimo tratto e che poi improvvisamente è diventata: “Benvenute in Sicilia!”.

Ho addentato un arancino di fronte alla fontana “acqua a linzolu” nella piazza del Duomo.

Ho camminato con i piedi in mezzo ai resti della pescheria in strada e lo sguardo all’insù verso il cielo di ombrellini colorati, come in via Nuova a Iglesias. 

Ci siamo fermati ad Aci Trezza ed è stato subito mare. 

Faraglioni. Familiare.

E se a Catania, Rosario ci ha accolte nella sua terra, ad Acireale ci ha aperto la porta della sua casa. 

Mamma, nonna… perdonatemi ma non riuscirò più a mangiare la nostra parmigiana di melanzane. Voglio quella di Sicilia, fatta in casa!

E seduti al tavolino del bar Cipriani le mie papille gustative hanno incontrato la granita mandorla e caffè, mentre con gli occhi mi beavo della Basilica di San Sebastiano.

Bellezza.

W S.Sebastiano.

Punto di riferimento, fronte Palazzo Framì, per dire in queste giornate: “Ah ecco, siamo vicine a casa.”

Era più emozionato di noi, Rosario, a mostrarci i luoghi vissuti tra le pagine di “Effetti collaterali” da  “Gli amanti immortali”.

Villa Belvedere, con la statua di Aci e Galatea, le Chiazzette e il borgo marinaro di Santa Maria la Scala.

Perché, quando condividi con altri le tue radici, è scambio di linfa vitale. È dono che fai ma che soprattutto ricevi.

Alla fine di una scalinata, nel piccolo scorcio incastonato tra case e mare, vedi la sedia bianca e vuota… e sai che sta arrivando Alosha, il danzastorie di Sicilia.

E si fa silenzio prima, durante e alla fine, quando di parole non te ne vengono. Ed è raro.

Sarà la commozione a dire.

Quasi tre ore di macchina. “Pranzo a Cefalù?”

“Pranzo a Cefalù!”.

E così fu.

Un paese di balocchi sospeso sul mare. 

La cattedrale normanna, le scale con i vasi pieni di colore. 

Maioliche, vicoli e balconi verso il blu.

Ho un cuore molto spazioso per le cose belle. Mi viene da cercarle dappertutto.

Di Termini Imerese posso dire che la notte scura, con il contrasto tra le luci artificiali e la pianta di fichi d’india è stata una cosa bella.

Posso dire che è il motivo per cui questo viaggio si è mosso. Anche se in verità tutto… tutto quanto, è cominciato molto prima.

Il Termini Book Festival, gemellato con la nostra Fiera del libro di Argonautilus, ci ha viste sedute tra il pubblico in prima fila a goderci da vicino le storie. Quelle raccontate da Eleonora Carta, Seba Ambra, Elvira Siringo; quelle del puparo di Palermo. Un fascino che mi ha totalmente coinvolta, tenendomi incollata alla sedia a comprendere una lingua che non è la mia ma che è stata universale.

“W Palermo e Santa Rosalia”.

E a proposito di Palermo.

Anche le cose brutte suscitano emozioni. Anche quelle brutte brutte. 

Non so dare un nome alla sensazione che ho provato percorrendo in macchina l’autostrada Palermo Capaci.

Sono certa che i brividi e il pugno allo stomaco che ho sentito però, sono stati molto forti.

Frutto di un ricordo non mio. 

Ero piccola, lontana. 

Ma vissuto ripetutamente negli anni. 

Corale, nel mondo.

Il ricordo incrollabile di eroi. 

Da Palermo mi porto a casa le vie fatiscenti e l’immensità della Cattedrale; il caseificio urbano CheeseLab e via Maqueda 266 perché fuori da lì ho mangiato il mio cannolo siciliano  senza glutine, con la ricotta classica, i pezzi di cioccolato e l’arancia candita. Non sarei andata via, senza.

Il mercato del Capo e la fontana della vergogna; il palazzo di giustizia e la strada per la cala, nel lungomare, con il murale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La Chiesa di San Domenico chiusa e i quattro canti. 

Il sole cocente e la caffeina rimasta in circolo più del dovuto.

La prospettiva consolidata del gruppo di viaggio peggio assortito che ci sia, che poi però ride a turno di uno e dell’altra; che in macchina canta “Take on me” degli a-ha, discorre di filosofia e storia, ragione e amore. 

E ride.

La gratitudine per l’entusiasmo, la gentilezza e la calma di una persona, che fanno la differenza, che sono necessarie in questo mondo che corre veloce e arrabbiato.

Il ritorno a casa, quella di Acireale. La marea di acesi in festa con lo sguardo alla Basilica e nel cielo i fuochi d’artificio, come a salutare un po’ anche noi. 

Arrivederci.

Il ritorno a casa, quello che appena scendi in pista dall’aereo, a Elmas, ha l’inconfondibile odore di sale. 

Il viale alberato, a Iglesias, che sussurra “Bentornata”.

Perché è sempre bello andare… ma è tornare che è meraviglioso. 

Chi meglio può comprendere?

Da isola a isola. 

Erika Carta

Cuori selvaggi e Meraviglia

Cuori selvaggi e Meraviglia

Il salone non ha un pubblico. Il salone ha una comunità.”

Nicola Lagioia, Direttore Editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Io sono uno dei centosessantottomila e settecentotrentadue cuori selvaggi che, dal 19 al 23 maggio, si sono incrociati sotto e oltre il cielo del Lingotto.
Ho macinato chilometri dentro questa comunità.
Un battito dopo l’altro a distanza dalla paura.

Una buona pratica preliminare di qualunque altra è la pratica della meraviglia. Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi. Guardarsi attorno e lasciar andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo.
Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura
.”

Chandra Livia Candiani

A proposito di meraviglia.
C’è un motivazione se la mia esperienza al Salone Internazionale del Libro di Torino, si compie nuovamente, per la terza volta.
Questa motivazione si chiama Argonautilus.

Argonautilus, l’Associazione Culturale che dal 2015 lavora ogni giorno per fare e diffondere cultura, organizzando la Fiera del Libro e la Fiera Off a Iglesias, Portoscuso, Gonnesa e da quest’anno anche a Musei, Villamassargia e Domusnovas.
L’Associazione che ha al suo interno una Spa dei libri, lettori ad AltaVoce e un Circolo Letterario con gruppi di lettura che crescono nel tempo e nello spazio.
Una promessa sancita nel Patto di Lettura alla Fiera del Libro, nel 2018.
Il nodo di una rete che oggi si chiama Rete PYM e che sabato, 21 maggio, ha portato il suo contributo alla comunità del Salone del Libro, con l’evento “Fiere e Festival del libro: una leva strategica di sviluppo dei territori”.
Insieme a Eleonora Carta e ai rappresentanti delle Istituzioni del Comune di Iglesias, l’autore Marco Belli, Direttore Artistico di Elba Book Festival; Manuel Figliolini in rappresentanza del Festival Giallo Garda e Luca Occhi di Officine Wort.
Ultimo gemellato della Rete, anche il Microfestival delle Storie.

In anteprima assoluta, è stata presentata la locandina della VII^ Edizione della Fiera del libro di Argonautilus che si terrà dal 29 Settembre al 4 Ottobre, illustrata da Daniele Serra e che ha come tema unificato con i Festival gemelli, “La Meraviglia”.

È stato un incontro partecipato che ha messo in parole l’importanza di collegare energie, risorse e passione, necessarie e urgenti, per far sì che gli intenti condivisi dalla Rete si diffondano dentro e fuori i territori.
D’altronde, a far parte di questa comunità, sono anche tutti quei soggetti che al libro sono legati da vicino: autori, editori, biblioteche, librerie, scuole, lettori.
E oltre alla valenza sociale ed economica, non ci si può proprio esimere dal parlare di ricchezza personale.
Quella di cuore.
Come ha sottolineato il giovane scrittore, Matteo Porru, viaggiare per prendere parte a un evento culturale, ti permetterà sempre di portare un po’ di casa in partenza e pezzi di mondo al rientro.
È un circolo.
E fa un bene inimmaginabile.

Alla domanda: “Cosa ti porti a casa da questo Salone?” Dunque rispondo che, a casa mia, porto libri, dolore ai polpacci, sorrisi nuovi e abbracci noti, paure limate e una felicità selvaggia.

E poi, comunque, anche un banner:
“Salone Internazionale del Libro Torino.
13
ARGONAUTILUS.
La meraviglia.”

© Erika Carta

Effetti collaterali

Effetti collaterali

Due cose mi sono bastate per comprare “Effetti Collaterali”, la raccolta di sei storie niure di Rosario Russo, edito da Algra Editore per la collana Sicilia Niura. 

Una è stata sentire come parla del mare.

L’altra è che, alla Fiera del libro, mentre una voce di donna dal terapeutico accento siculo leggeva le sue parole, io le vedevo grazie ad Alosha (Giuseppe Marino), il danzastorie di Sicilia che le ballava.

Ma non solo. Oltre a questo, dentro la mia testa si creavano in contemporanea immagini come se stessi leggendo le pagine da me.

Non so se sono riuscita a spiegarmi ma è difficile, perché è stata un’esperienza pazzesca.

Il libro di carta che ho tra le mani è la prova tangibile di tutto questo. Una sorta di memorandum della bellezza che ho vissuto.

I suoi racconti di genere sono come voci, finite e compiute, di un unica grande storia.

E che storia è questa?

È la storia di una Sicilia così come immagino sia.

Fatta di persone. 

Piena di mare, di cultura, del profumo di limoni, caffè e cartocciata di melanzane

Attraversata dall’arte, dalle parole di illustri scrittori. Dalla mafia, dalla vita e dalla morte.

Come ho potuto leggere nell’appassionata postfazione di Salvo Sequenzia, “Russo si interroga mettendo l’accento sull’impossibilità di spiegare il perché delle ragioni del male e della morte”.

È vero. 

Eppure il suo modo di narrare ha qualcosa di leggero. Che attenzione, non vuol dire superficiale. Anzi. Trovo sia un valore aggiunto. Il buio mitigato dalla bellezza del mondo, dal senso di appartenenza al territorio, alla città di Acireale, alle sue storie magiche. 

Dalla voglia di dircelo.

Leggero ma di una profondità sentita e contagiosa.

La scrittura di Rosario è asciutta, pungente, misteriosa.

I personaggi sembrano raccontarsi da sé, sono schietti, perfettamente delineati dal proprio parlare, muoversi, pensare.

E leggendo, io ho trovato il mio personale comune denominatore di queste sei storie nere: l’amore.

Si cunta ca u pasturi 

assai vuleva beni 

a Galatea, e pi idda 

assai ni visti peni

ma n’da l’occhi si vardavunu

di veri ‘nnamurati  

©Erika Carta

La felicità non è un caso

La felicità non è un caso

Non a caldo. A caldissimo.

Anche perché i pensieri nati in questa settimana hanno preso la loro forma di pari passo con le emozioni e i giorni. 

E non vi è alcuna necessità di un tempo fermo per raccontarli.

Se devo scegliere un aggettivo per descrivere questa Fiera del libro, arrivata alla sua sesta edizione, me ne viene in mente solo uno, sopra ogni altra parola:

EROICA.

Dal 2016, con “La cultura al Km 0”, Argonautilus pianta semi nel territorio.

Questo, comincia a essere un raccolto soddisfacente, nonostante si operi talvolta in mezzo a sterpaglie che crescono in terreni perigliosi e ostili. 

E no, non lo dico io, soltanto perché lo vivo in prima persona. 

In questi giorni sono stata specchio di sensazioni altrui. 

Ed è stato meraviglioso e gratificante.

La Fiera del libro è ancora una scommessa stravinta di fronte a scelte infelici e coraggiose.

“Il cambiamento” che, più spesso di quanto vorremmo fa paura, “dovrebbe invece essere vissuto sempre come qualcosa di positivo” come ha detto l’ospite Riccardo Cavallero (SEM edizioni) alla tavola rotonda su “La resistenza del libro”, uno dei svariati momenti di discussione e riflessione tra operatori del settore e il pubblico. 

Ed è bene che questo concetto riesca finalmente a far breccia anche nella mia di testa.

Sono stati sei giorni concitati e concentrati. Una Fiera del libro espansa tra Iglesias, Portoscuso, Gonnesa e Zeddiani, con un programma ricchissimo di eventi che ha il suo “dietro le quinte” lungo un anno. E anche di più, se soltanto si provasse a immaginare quanta attenzione e cura ci vogliano per tessere sodalizi, rapporti professionali e relazioni sociali che perdurino nel tempo e negli spazi.

Il fatto che poi dagli incontri fioriscano meravigliose amicizie dipende unicamente dalle persone, dal loro esserci.

E proprio di persone e gratitudine parla Alosha (Giuseppe Marino) “il danzatore di parole”, che dalla Sicilia è arrivato a incantare una piazza della nostra Sardegna.

Conosco le mille e una sfaccettature che irradiano dai libri ma non avevo mai GUARDATO una storia prima d’ora.

Come ho scritto in un post su Facebook immediatamente dopo essermi ripresa dall’emozione: 

“Rosario Russo ha scritto un racconto.

Alosha l’ha danzato.

Io, l’ho visto”.

La musica che nasce unicamente dalle parole, il corpo che si muove al loro ritmo. 

Ci sarà sempre nuova bellezza da imparare.

La Fiera del libro è spazio di “rincontro”. 

È come darsi appuntamento ogni anno in piazza, in un parco, o in un’antica tonnara.

Librerie, biblioteche, case editrici, associazioni, festival gemelli che fanno il punto sulla situazione. Evolvono con essa, si contaminano di bene, contrastano tedio e ignoranze. Resistono. 

Seppur difficile è sempre confortante vedere come tutto questo attecchisca anche nei più piccoli, nei loro occhi curiosi… nelle domande che spiazzano. 

Una bambina di otto anni che, partecipe, legge con spontanea bontà i versi di Dante Alighieri e della sua Divina Commedia è stato uno dei momenti più felici. 

“La felicità è una scelta. Alice vi ha scelto”.

Le parole di una madre.  

Partecipare alla Fiera del libro, anche dall’interno, significa vivere su di un filo che tesse le sue reti anche quando i microfoni sono spenti.

Si continua a parlare di libri davanti a un calice di vino. Di trame, di progetti. Ci si confronta su idee diverse, opinioni, pensieri. Si riflette, si ride.

Credo che ridere sia una delle cose più concrete che si possano sperimentare.

Anche mentre si lavora.

E di questo, ringrazio soprattutto i miei compagni di viaggio. 

Argonauti, eroi, avengers. 

Ognuno di noi si fa in dieci per la riuscita di tutto questo. Impegno, passione.

E nel mentre scappa un’occhiata di intesa, un balletto, uno sfogo. Parole di incoraggiamento e conforto. Un sorriso, un regalo, un messaggio inopportuno, un fotomontaggio.

Ho capito che quandosietefelicifatecicaso non è un monito, un consiglio, un avvertimento prima che sia troppo tardi.

È un modo di essere.

E io, lo sarò. 

©Erika Carta

Connessioni

Connessioni


“Ma anche tu stai sorridendo dietro la mascherina?”

È quello che mi chiede Sara, mentre ci scattano una fotografia alla nostra “postazione di controllo”.

Eccome, se rido. Credetemi, si vede.

Anche dietro gli occhiali mezzo appannati.

Difficilmente si può mentire con lo sguardo.

“Connessioni”. 

Non trovo parola più giusta per descrivere l’esatta sensazione che da mesi, ormai, avevo perduto nel marasma della diffidenza, della paura, dell’oblio.

Connessioni, Festival delle idee Gonnesa 2020 è la rassegna estiva che rientra nel programma “Luci d’estate” per il comune, partner della Fiera del Libro di Iglesias, Gonnesa. 

E deriva dall’antico toponimo “Conesium” che stava ad indicare un crocevia di incontri, scambi e interazioni.

Ecco. 

Quello che è successo ieri sera, 10 luglio, è stato questo.

Al Nuraghe di Seruci, luogo pregno di storia con il sole che, indisturbato, tramontava dietro gli alberi piegati dal maestrale.

Il primo dei cinque incontri a cura di Argonautilus che si snoderanno tra il Nuraghe e il Villaggio Norman, ha visto protagonisti alcuni degli autori della raccolta, fresca di stampa, “Giallo Sardo”, edito da Piemme Edizioni.

Un insieme di racconti, come lo si può vedere, oppure un romanzo corale in cui a emergere è un unico filo conduttore: l’appartenenza a una terra dicotomica. Forte, aspra, docile e immensamente bella. 

La Sardegna. 

La sua aria salata, la natura selvaggia dell’entroterra.

Il bene e il male. 

Variegati i territori, come le dieci storie presenti nel libro.

Da qualche anno ormai, per me, leggere un libro non si ferma soltanto a… leggere un libro. 

In tantissime occasioni, grazie all’Associazione Argonautilus, ho la possibilità di partecipare attivamente all’organizzazione di eventi come questo, che permettono di solcare le viscere di tutto ciò che sta all’interno. 

Come nascono le idee, il rapporto con le case editrici, le librerie, il contatto con il pubblico.

Lo scambio.

Che non si è mai arenato, a dire il vero, nemmeno nei mesi passati e fermi, che fanno fatica a scorrere via del tutto.

Sentirlo di nuovo vivo, pulsare insieme a questa terra, è però un’emozione che non può essere eguagliata.  

Il contenuto dell’evento in sé e la collaborazione di ogni soggetto presente ha reso reale e possibile questo incontro, in meraviglia e sicurezza. 

Binomio che ora, più che mai, è necessario perché si possa godere a pieno del bello.

Grazie. 

Un’altra vigilia

13 maggio 2020

E questa sarebbe stata un’altra vigilia, perchè noi di ArgoNautilus, con la Fiera del Libro di Iglesias, in questi giorni saremmo stati a Torino, pronti come ogni anno, per il Salone Internazionale del Libro.
Ad assaporarlo fin dai giorni prima, quando bisogna stampare i badge e fare conoscenza con lo staff delle porte logistiche; quando il Lingotto sembra ancora un cantiere, con i muletti in movimento, i grandi portali spalancati a creare una corrente di solito gelida, tra stand in rapido allestimento, luci da montare, rotoli di moquette da stendere, grandi pannelli ancora da scartare, quintali di libri da sistemare.
E poi vivere il giorno dell’inaugurazione, quando d’improvviso è tutto pronto, la moquette ancora immacolata, i bar (finalmente) a pieno regime, gli editori e i librai pronti per cinque giorni di lavoro massacrante, ad accogliere orde di lettori scatenati, a organizzare incontri, a incontrare colleghi, autori, amici. Poi alle dieci in punto, magicamente, le porte si aprono e tutto comincia.
E ancora superare il grande assalto di folla del weekend, quando un posto in cui sedersi per la pausa pranzo diventa un sogno e la fila fuori dai bagni un incubo, ma è tutta vita, energia, entusiasmo, centinaia di migliaia di persone frenetiche, cariche di borse e libri, che si spostano tra i padiglioni con la mappa in mano, per non perdere un evento, cominciare una fila, o trovare un libro che “solo qui si può trovare”, ed è vero, ed è bellissimo.
Fino poi al fatidico lunedì, quando tutto rallenta, e si è esausti ma ci si sente carichi, appagati per i nuovi incontri, il fermento accumulato, le idee che si sono viste nascere e che già ne stanno alimentando di nuove.
Per tutte queste ragioni consigliamo di essere a Torino per il Salone del Libro agli alunni delle scuole con cui lavoriamo; agli insegnanti, ai dirigenti scolastici, naturalmente agli amici, anche a chi di editoria non si interessa e non ha intenzione di interessarsi, anche a chi dice che non legge un libro da dieci anni.
Perché il Salone del Libro è un’esperienza da vivere.
Quest’anno, certo, sarà un’esperienza diversa, per le ragioni che ben conosciamo. Domani inizia uno strano SaloneEXTRA, online, con una lezione di Alessandro Barbero Storico in diretta dalla Museo Nazionale del Cinema di Torino – Mole Antonelliana, in diretta FB dalle ore 19:00.
Sarà bello certo, ma non sarà lo stesso.
Però, in attesa di una nuova edizione “in presenza”, una cosa possiamo fare, per festeggiare. Andiamo in libreria e compriamo un libro. Inauguriamo così il nostro personalissimo Salone del Libro e sosteniamo i nostri amici librai. Non sarà proprio lo stesso, ma sarà la nostra testimonianza, oltre che – come sempre – un investimento sul futuro.
Quando a Torino, al Salone quello vero, torneremo tutti insieme.