Nella città invisibile

Nella città invisibile

Prendo in prestito un concetto che è stato il fulcro sotteso della trascorsa edizione della Fiera del Libro di Argonautilus: il luogo. Inteso come spazio fisico e come identità. Meta di partenza, passaggio, arrivo e nostalgia. Specchio e lingua dove riconoscersi.

E si sa, per muoversi nei luoghi servono le mappe.

Ora, una domanda: come ci si orienta in un posto invisibile?

Italo Calvino ce l’ha raccontato attraverso i dialoghi tra Marco Polo e Kublai Can.

E Gianmarco Parodi, invece, ci ha raccontato Italo Calvino portandoci “Nella città invisibile”. 

Fresco di stampa, il suo nuovo lavoro edito da Piemme, ha come sottotitolo: “Viaggio immaginario nei luoghi calviniani”.

Io, Sanremo non l’ho mai vista. Come non ho mai visto di persona “i sentieri dei nidi di ragno” o l’albero de “il barone rampante”. Ma vi assicuro che ci sono appena stata, non l’ho soltanto immaginato.

Sì, sì, esattamente.

Il viaggio è cominciato dalla banchina in fondo al vecchio porto. Tra cancelli, albe, tramonti, domande e risposte ho camminato, insieme a chissà quanti altri avventori nella città di questo ragazzo, Gianmarco, che immagino calcare le orme di un gigante della letteratura, con rispetto e coraggio. Zaino, libro in mano e occhi pieni di meravigliosa attenzione.

Così, non sentiamo solo parlare del Calvino scrittore ma anche del Calvino uomo. Certo, io mi chiedo se debbano per forza essere due entità distinte e no, la risposta che trovo di riflesso tra queste pagine è: no. Tutt’altro.

[…] alla fine la vita privata e l’opera di uno scrittore non sono poi così distanti. L’una si nutre dell’altra[…] trasformando entrambe in oggetti  tanto visibili quanto invisibili. […]

Chi scrive trova il modo di parlare di sé, sempre. 

Forse, si può scambiare posto ai fatti, aggiungere un tratto a una persona, toglierlo a un’altra. Disseminare indizi tra le righe. E anche io sono certa che ogni parola raccontata affondi le sue radici nell’infanzia. Che poi evolve come fa la vita stessa.

E cos’è che si mantiene vivido con maggiore intensità nel cuore di un bambino? Di un ragazzo? Anche e forse, soprattutto, quando ci si allontana?

I luoghi… e chi li ha abitati, naturalmente.

Così grazie alla sua scrittura, trasparente come lo specchio d’acqua su cui torniamo sospesi, possiamo vedere anche noi la Sanremo di Calvino ma anche quella di Gianmarco e dentro… tutte le città possibili. 

Erika Carta

Paolo Nori a Portoscuso

Paolo Nori a Portoscuso

Stavolta mi ci è voluto davvero un tempo insolito per pensare di esprimere la bellezza che ho interiorizzato.

Il 28 giugno, Paolo Nori è stato ospite di Argonautilus per il primo appuntamento di Fiera del libro di Iglesias 2023 Mappe, Il Festival.

Protagonista, il monologo “Noi e Anna Achmàtova” in riferimento al romanzo, “Vi avverto che vivo per l’ultima volta.”

In una notte tiepida dal profumo d’estate appena annunciato, Paolo Nori ci ha come ipnotizzati. Ascoltarlo è stata una fortuna e un onore, una di quelle occasioni che qui, in Sardegna… quando ti ricapita?

Il comune di Portoscuso ci ha accolti all’Antica Tonnara di Su Pranu, un luogo che sprigiona energia e che sembra raccogliere sempre e soltanto cose magiche. 

Nori ha introdotto il suo discorso così: io sono narcisista.

E mi ha conquistata dalle prime battute.

Perché, parliamoci chiaro, ammettere il narcisismo, pronunciarlo, è il primo passo attivo e necessario per dargli un confine, arginarlo affinché non si espanda, non diventi infestante.

E per comprendere le cose da altre prospettive.

Scavalcato questo muro, il resto è stato un racconto all’insegna dell’amore. Della passione pura e sfrontata per un paese e per la sua letteratura.

Da Gogol, a Dostoevskij, passando per la prospettiva Nevskij, per le notti bianche di una San Pietroburgo presente e passata, sempre viva dentro pagine e pagine di libri immortali.

Paolo Nori ci ha raccontato la vita di una scrittrice, una donna coraggiosa.

Anna, nata Gorenko il 23 giugno del 1889, davanti al narcisismo incurabile del padre che l’ha messa davanti a una scelta: scegli me o la poesia, ha cambiato cognome, prendendo quello di una sua antenata e diventando così la nostra Anna Achmàtova, una delle poetesse russe più importanti del secolo.

“Lascio la casa bianca e il muto giardino.
Deserta e luminosa mi sarà la vita”

Non si può eludere il contesto storico, sociale e politico ma la letteratura è altro, è oltre.

Scardina le imposizioni, aggira la disapprovazione, dà nome a tutte le cose. 

La letteratura quando è raccontata così, desta l’attenzione, il senso critico, la bellezza.

Nemmeno una zanzara sembrava volare nella sera incantevole del 28 giugno all’Antica Tonnara di Su Pranu a Portoscuso, quando Paolo Nori ha perpetuato l’incantesimo affermando che “la letteratura è più forte di ogni censura e di ogni dittatura.”

©Erika Carta

Effetto Fiera

Effetto Fiera


Aprile volge al termine e fuori, all’ora del crepuscolo, c’è un odore buonissimo, di stelle e cielo blu. Sa di terra che si risveglia; la macchia mediterranea esplode, profumando l’aria. 

È come se tutto raccogliesse l’energia preparando le scorte per quando ne servirà di più. In un ciclo eterno che prende, accumula e restituisce. 

Ed è quello che è successo anche a noi. A noi di Argonautilus, nei giorni appena trascorsi.

La Fiera del libro di Iglesias è sempre inizio e fine insieme. È lo spazio dove il tempo si concentra e si dilata e proprio quando, a ragione, dovremmo essere allo stremo delle forze, inspiegabilmente rinvigoriamo.

Una cosa bella, così bella, si porta dentro la nostalgia del passato quando ancora è presente. È tangibile.

Ma è vero anche che il futuro immediatamente prossimo sarà scandito da quella stessa scia di vita.

Immagini la piazza ancora piena e mentre passeggi realmente tra le vie, una mattina qualunque, ti sembra di incontrare un ospite che si ferma per fare colazione.

Effetto ottico. O effetto fiera?

Un sorriso scoppia vivido senza preavviso come dentro una fotografia, un abbraccio in bianco e nero. 

Aspetti che qualcuno ti chieda: -com’è andata?- così hai modo di raccontarlo. E vorresti parlarne all’infinito, senza smettere mai, per vedere la magia che si muove ancora e ancora davanti agli occhi, nel suono delle parole.

Poi arriva un momento in cui le voci cominciano ad affievolire e tutto assume i contorni sbiaditi di una cartolina, ancora da spedire.

Non c’è modo di rivivere nel quotidiano quello che è appena stato. È passato. Ed è giusto così.

Questa consapevolezza fa sì che il suo valore e la bellezza si conservino intatti. 

La Fiera del libro di Iglesias è come un domino al contrario. Una tessera si è sollevata otto anni fa, e ne ha spinto un’altra e un’altra ancora, una dopo l’altra… non senza fatica.

E questa edizione, mi è parsa più che mai ancorata al presente, come solo il presente sa fare: con addosso quello che è successo prima e in germe quello che verrà dopo. 

Un grande, unico discorso che abbraccia chi siamo e ciò a cui siamo destinati.

Il viaggio percorso e quello che resta da tracciare, nelle nostre mappe. 

© Erika Carta

La mappa dell’Argonauta

La mappa dell’Argonauta

Cos’è una mappa?

La prima cosa che mi viene in mente, per associazione di pensiero è il tesoro.

Considerando che MAPPE è il tema di questa nuova edizione della Fiera del libro di Argonautilus, non ci discostiamo tanto.

Uno scrigno aperto otto anni fa che, illuminato con costanza, continua a spandere i suoi bagliori tutt’intorno.

MAPPE: tema che nasce dalle idee che hanno circolato per le trame della Rete Pym.

Fiera del libro di Iglesias, Elba Book Festival, Festival Giallo Garda, Officine Worth.

Rete come culla e insieme trampolino.

Immagino un filo arcobaleno che unisce la Sardegna all’isola d’Elba, a Garda ma anche alla Sicilia, a Roma e Barcellona, alla Toscana. E ancora, a Milano, Torino, all’Africa.

Che lascia il segno dentro ogni ospite, maestra, bambino, albergatore, libraia, bibliotecario, negoziante, lettrice, danzatore.

Dentro ogni persona che guarda, ascolta, partecipa, condivide. E così, lo trasporta di nuovo fuori, questo filo arcobaleno.

Se penso mappa, penso viaggio.

E io che son solita raccogliere le emozioni alla fine, quando ogni anno la Fiera volge al termine… e a renderle parole immediatamente dopo, questa volta sono stata, appunto, illuminata da un’altra idea.

Chi ci segue sta scoprendo giorno per giorno nuove mete di interesse da contrassegnare: ospiti, luoghi, eventi, laboratori, libri. 

Ma c’è una mappa nascosta nelle retrovie, fatta di persone, ansie e rituali. 

Una mappa a chilometro zero, costruita con il tempo e che  negli anni ha reso omaggio alla padrona della festa, la Terra. 

Che si è posta domande sulla verità e ha provato a rispondere con tutte le possibili parole che creano mondi.

Che quando ha sentito profumo di felicità, ci ha fatto caso, meravigliandosi per questo e per tutto il bello che è venuto e verrà.

In esclusiva, da oggi potrete consultarla per comprendere un poco cosa si muove nell’ombra.

Tutto ciò che dovrete fare per far sì che si riveli, è dire: 

“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.”

LA MAPPA DELL’ARGONAUTA.

Vi basti sapere che: 

*Quando uno comincia a perdere la voce e l’altra soffre il mal di schiena, ma nonostante tutto questo ridono, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando cominciano a evocare lo spirito guida che risponde sicura, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando i confini geografici si annullano anche prima che scompaiano davvero, e salpano tutti sulla stessa nave Argo, la Fiera è dietro l’angolo. 

*Quando uno prepara gli obiettivi, non quelli da raggiungere ma quelli con cui raggiungere e immortalare ogni cosa, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando una aggiunge ore alla giornata da mamma e prof, la Fiera è dietro l’angolo.

*Quando si iniziano a lucidare le magliette da supereroi, ad azionare i superpoteri, a parlare di sedie e scherzi, a risolvere più problemi di quanti se ne possano creare, gli ARGOVENGER sono dietro l’angolo.

Pronti ad accogliervi, guidarvi e camminare al vostro fianco, dal 22 al 25 Aprile, a Iglesias.

Allora, svoltiamo tutti dietro quest’angolo, che la Fiera del libro VIII Edizione ci aspetta, per scrivere, disegnare, danzare e sognare insieme nuove MAPPE.

© Erika Carta

Notturno francese

Notturno francese

Con la mente scevra da qualunque  informazione preliminare mi accingo a leggere l’ultimo romanzo dell’autore Fabio Stassi, che dal 22 al 25 Aprile sarà nostro ospite alla Fiera del libro di Argonautilus, a Iglesias.

Notturno francese, edito da Sellerio, che fa delle sue pagine un profumo buonissimo, come di libreria antica, di saggezza.

Non saprei dirti se era stato per la luce che aveva Roma, quel giorno, o per l’abitudine di andarmene in giro da solo, senza una direzione precisa e niente da sbrigare, o per via di tutta la gente che attraversava la stazione all’ora di pranzo e che invitava a perdersi tra la folla e a non essere trovati.

Ok. Sta parlando con me. Proprio con me, direttamente con me.

Fabio Stassi, o meglio… Vince Corso, il suo protagonista, sta cominciando a raccontarmi una storia. 

Mi metto comoda, nel senso più ampio di disposizione d’animo.

“Roma” “luce” “perdersi tra la folla e non essere trovati.”

E io, sono già, completamente assorta.

Sono bastate davvero pochissime righe. Sei, per l’esattezza.

Biblioterapeuta di professione, Vince Corso sale sul treno che da Roma dovrebbe portarlo a Napoli, da Feng, la sua compagna, per un weekend romantico fuori porta.

Ma il destino, gioca beffardo. E quando succede, lo fa per bene, con un intreccio di elementi che se legati ai libri, assumono un’aura magica senza eguali. 

La storia di Xavier a Bombay, tra le pagine del “Notturno indiano” di Antonio Tabucchi, che Vince ha scelto di portare con sé; Saverio, compagno di viaggio misterioso e quasi mistico. 

Un treno sbagliato, che invece va a Milano. E da lì a Genova.

Ma davvero, c’è un errore? 

Il resto della storia è l’ultimo filo di voce di una madre, i ricordi d’infanzia, le cartoline spedite senza nome. 

L’idea che in una precisa sera di tanti anni prima, la pioggia fosse il tempo esatto.

La Costa Azzurra e i suoi hotel.

Il mare, vivo e prepotente.

I libri dal dorso blu.

Il resto della storia è il viaggio, inteso come ricerca.

“In questa strana città non ero venuto per cercare, ma solo per essere trovato.”

Se l’intento meraviglioso di Fabio Stassi è essere un po’ biblioterapeuta anche lui, come il  suo Vince Corso, saprà bene che una storia come questa è in grado di far impazzire di fermento milioni di lettori già di loro matti, come me. 

Titoli di libri che scorrono sui treni, tra i binari delle stazioni ferroviarie, si fermano sopra il comodino di una stanza d’hotel, attraversano il tempo.

Incastonati come gioielli.

E saprà anche che un lettore o una lettrice aggiungono sempre qualcosa alla storia che diventa proprio così, condivisa.

Allora mi capirà se gli rivelo che in una pagina precisa mi è parso di cadere tra le righe di “Tenera è la notte” del citato Fitzgerald.

È stato solo un momento ma quella sensazione di intensità non mi ha lasciata più.

Eccolo, un altro libro da amare. Questo Notturno francese.

Il cuore di chi legge è immenso, ha più spazio di una libreria che traballa.

Ci sarà sempre posto per una nuova storia, per le parole che colpiscono e restano.

Come puntine su una mappa, che tracciano i luoghi di un viaggio destinato a divenire in eterno.

©Erika Carta

Fiera del Libro 2023 “Mappe”

Fiera del Libro 2023 “Mappe”

Dal 17 al 21 aprile negli Istituti scolastici partner di Argonautilus
Dal 22 al 25 aprile nelle piazze del Centro Storico di Iglesias
Con un ricco calendario di appuntamenti in tutti gli altri comuni partner: Gonnesa, Portoscuso, Villamassargia, Domusnovas

La meraviglia

La meraviglia

Si dice che bisogna farle sedimentare, le emozioni.

Elaborarle, lasciarle raffreddare. 

Ma perché?

La mia urgenza è tutta contraria: trasferirle immediatamente sul foglio, impresse così come sono ora, vive e vivide. 

Avranno il tempo di depositarsi assieme a tutte le altre, di mutare in forme che al momento mi sono sconosciute.

La Fiera del libro 2022 di Argonautilus si è conclusa da poche ore. 

Il primo giorno sembra sia stato ieri e già lontano un mese. 

Del tipo: “Ti ricordi quando Dario Fabbri, analista geopolitico, è venuto a parlare al Teatro Electra?”

A conclusione delle prime ore di una Fiera che è esplosa in tutta la sua meraviglia annunciata.

Nulla da togliere a un tramonto sul mare, a un bel paesaggio ma, come ci ha insegnato Lino Fioretto, nella Lectio Magistralis su Fedor Dostoevskij, la meraviglia è altro. È qualcosa di molto, molto più profondo che passa per il buio, per il dolore; che prende forma nella penombra e nel silenzio.

Uno stato verso cui protendere continuamente, come per la felicità. 

Così sostiene il professor Andrea Maggi che, come Sara aveva previsto, ci ha fatte commuovere raccontando di amore e di rabbia.

Meraviglie, come Sylvia Plath e Gae Aulenti, raccontate da Antonella Grandicelli e Anna Rita Briganti.

O come le donne fatte di muscoli tendini e cuore, che si sono guadagnate la pista alle Olimpiadi per correre a fianco degli uomini e che hanno permesso alla meravigliosa Andrea Marcolongo, di tornare alla nostra Fiera per raccontarci anche la sua, di corsa incontro alla vita. De arte gymnastica.

Francesco Abate, Wu Ming, Antonio Manzini e Stefano Mancuso… meraviglie della natura.

Flavia’s end… intramontabile e che speriamo possa presto vivere di nuova vita attraverso gli occhi e il lavoro del regista americano Anthony La Molinara.

Saremo tutti alla prima fila con la maglietta Argonautilus a sostenere la nostra Claudia Aloisi.

I festival gemelli e gli amici dei festival, base dei nodi di questa rete, sempre più robusta.

Aldo Dalla Vecchia, Letizia Vicidomini, Marco Belli. Rete Pym.

Ospiti come Matteo Giusti,  che ti viene naturale salutare come se, trascorso un anno, rivedessi un vecchio amico.

La poesia che ci ha incantati tutti nei pressi di un vicolo, facendo volare il pensiero in alto, più in alto di questa terra.

È poi arrivato un momento che ha ridestato in me ricordi ancora caldi, appena conservati in un posto speciale nel cuore.

La Sicilia.

E questo ponte immenso con la Sardegna che si rinsalda ogni volta che è possibile ma anche da lontano. Giorno per giorno.

Il collettivo Sicilia Niura che narra in modi infiniti i volti infiniti di una terra sorella. 

Il mio amico Rosario Russo che ci tiene da morire e non esita a dimostrarlo. Che racconta di sé, dei suoi personaggi e luoghi ma anche dei suoi legami, rendendo tutto più vicino e meravigliosamente umano. E a cui vorrei dire che non ho mai letto così tanti gialli uno appresso all’altro, in vita mia, come da quando converso con lui di letteratura. E gli sono grata per i consigli di lettura, preziose scoperte.

Gaudenzio Schillaci che siccome, “la felicità si racconta sempre male”, ci pensa lui a sviscerarla con parole affilate. Le stesse che certe volte si ha necessità di attraversare a fondo, per comprendere la meraviglia. 

Alfio Grasso che mi ha fatto letteralmente piangere dalle risate e che, con la sua casa editrice Algra porta avanti un grande progetto trovando il suo meraviglioso posto fermo in mezzo all’immensità di questo mare.

Alosha Giuseppe Marino. Il primo danzastorie che abbia mai conosciuto. L’unico. 

Alosha che racconta senza parlare, che comunica, diverte, commuove. 

Professionalità e bontà d’animo, espressività e movimento.

Alosha che mi ha fatto regalo immenso, danzando in uno dei miei posti del cuore. Ancora sono incredula che sia accaduto veramente ma è proprio questo, l’effetto che fa: realtà sospesa, magia. Meraviglia.

Con attorno queste persone e con Antonio Pagliuso, autore, e Mattia della casa editrice Wom, mi sono trovata seduta in una sedia al centro del palco, al parco S’Olivariu, luogo che continua a regalarmi emozioni.

Ho moderato la tavola rotonda “Ponti di libri”. Un sogno, fatto di giorni d’ansia prima e grande soddisfazione, dopo. 

Una domenica importante che mi ha vista impegnata in prima persona anche con ArgoCircolo Letterario e tutti i gruppi di lettura dei diversi comuni. Persone presenti, davvero. Presto inizieremo la nuova avventura di quest’anno che ci vedrà partecipare una volta al mese ai nostri amati incontri e confronti di lettura.

Meraviglia è il pubblico che ci ringrazia per aver avuto la possibilità di partecipare a questi eventi carichi di bellezza. Ed è anche l’ospite che ci dice grazie, a sua volta. E che vuole tornare.

Sono sempre più orgogliosa o meglio, Fiera, di essere parte integrante e integrata di questa squadra Argonauta, che è la mia vera vera meraviglia. 

Che mi ha fatta nascere di nuovo e mi fa crescere sempre, come piace a me… dentro il mondo che mi appartiene.

I miei compagni di viaggio sono quanto di meglio potessi immaginare mentre camminiamo spediti con una sedia in mano, un mazzo di chiavi da consegnare, un ospite da far entrare in questo gruppo così meravigliosamente squilibrato e compatto. 

Perché mentre tutto accade, ci guardiamo, sorridiamo, ci abbracciamo, tendiamo due mani (che se potessimo ne tenderemmo anche tre o quattro). Ci fermiamo e ridiamo. 

Li ho lasciati per ultimi ma non smetterò mai di ribadire che senza Eleonora e Maurizio, tutto questo non esisterebbe. 

Siamo i primi a credere che la meraviglia non solo sia possibile… ma che sia l’unica cosa che ci salverà. 

Erika Carta

Cuori selvaggi e Meraviglia

Cuori selvaggi e Meraviglia

Il salone non ha un pubblico. Il salone ha una comunità.”

Nicola Lagioia, Direttore Editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Io sono uno dei centosessantottomila e settecentotrentadue cuori selvaggi che, dal 19 al 23 maggio, si sono incrociati sotto e oltre il cielo del Lingotto.
Ho macinato chilometri dentro questa comunità.
Un battito dopo l’altro a distanza dalla paura.

Una buona pratica preliminare di qualunque altra è la pratica della meraviglia. Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi. Guardarsi attorno e lasciar andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo.
Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura
.”

Chandra Livia Candiani

A proposito di meraviglia.
C’è un motivazione se la mia esperienza al Salone Internazionale del Libro di Torino, si compie nuovamente, per la terza volta.
Questa motivazione si chiama Argonautilus.

Argonautilus, l’Associazione Culturale che dal 2015 lavora ogni giorno per fare e diffondere cultura, organizzando la Fiera del Libro e la Fiera Off a Iglesias, Portoscuso, Gonnesa e da quest’anno anche a Musei, Villamassargia e Domusnovas.
L’Associazione che ha al suo interno una Spa dei libri, lettori ad AltaVoce e un Circolo Letterario con gruppi di lettura che crescono nel tempo e nello spazio.
Una promessa sancita nel Patto di Lettura alla Fiera del Libro, nel 2018.
Il nodo di una rete che oggi si chiama Rete PYM e che sabato, 21 maggio, ha portato il suo contributo alla comunità del Salone del Libro, con l’evento “Fiere e Festival del libro: una leva strategica di sviluppo dei territori”.
Insieme a Eleonora Carta e ai rappresentanti delle Istituzioni del Comune di Iglesias, l’autore Marco Belli, Direttore Artistico di Elba Book Festival; Manuel Figliolini in rappresentanza del Festival Giallo Garda e Luca Occhi di Officine Wort.
Ultimo gemellato della Rete, anche il Microfestival delle Storie.

In anteprima assoluta, è stata presentata la locandina della VII^ Edizione della Fiera del libro di Argonautilus che si terrà dal 29 Settembre al 4 Ottobre, illustrata da Daniele Serra e che ha come tema unificato con i Festival gemelli, “La Meraviglia”.

È stato un incontro partecipato che ha messo in parole l’importanza di collegare energie, risorse e passione, necessarie e urgenti, per far sì che gli intenti condivisi dalla Rete si diffondano dentro e fuori i territori.
D’altronde, a far parte di questa comunità, sono anche tutti quei soggetti che al libro sono legati da vicino: autori, editori, biblioteche, librerie, scuole, lettori.
E oltre alla valenza sociale ed economica, non ci si può proprio esimere dal parlare di ricchezza personale.
Quella di cuore.
Come ha sottolineato il giovane scrittore, Matteo Porru, viaggiare per prendere parte a un evento culturale, ti permetterà sempre di portare un po’ di casa in partenza e pezzi di mondo al rientro.
È un circolo.
E fa un bene inimmaginabile.

Alla domanda: “Cosa ti porti a casa da questo Salone?” Dunque rispondo che, a casa mia, porto libri, dolore ai polpacci, sorrisi nuovi e abbracci noti, paure limate e una felicità selvaggia.

E poi, comunque, anche un banner:
“Salone Internazionale del Libro Torino.
13
ARGONAUTILUS.
La meraviglia.”

© Erika Carta