Spostare la luna dall’orbita

Spostare la luna dall’orbita


Approcciarsi a un libro scritto da Andrea Marcolongo, non è mai cosa scontata.

L’unica certezza risiede nel fatto che le sue parole, colpiranno a fondo. Ancora una volta. 

La sorpresa sta nello scoprire come.

Spostare la luna dall’orbita, “così l’archeologo Edward Daniel Clarke descrisse lo sgomento dei greci, che assistevano terrorizzati all’operato degli inglesi, certi che prima o poi l’anima della terra ellenica si sarebbe vendicata”.

Un titolo quanto mai azzeccato anche per la storia che ci racconta questa volta l’autrice.

Vorrei correggermi, preferendo il plurale: le storie. Ma non sono sicura fino in fondo che sia così.

Perché mi è parso che Andrea Marcolongo, in questo romanzo più che mai, ci parli a un’unica grande voce, che è la sua ma anche quella di cielo e terra della Grecia. Della Francia, dell’Inghilterra, dell’Africa. 

Del sottilissimo confine tra carnefice e vittima.

Di vuoti. 

“Siamo nostalgie”.

Come non rispecchiarsi. Nell’una e nell’altra cosa.

Andrea Marcolongo non si limita a narrare la storia o la sua storia.

Con maestria tesse una trama impeccabile fatta di entrambe.

Ci racconta di Lord Elgin, nobile e diplomatico britannico, famoso per aver stuprato e smembrato il Partenone ad Atene, e trafugato i marmi di Fidia, trasportandoli a Londra.

Lord Elgin che oltre a questo è stato marito, amico, padre, uomo.

L’autrice fa suo e anche nostro il ruolo di ladro, la sindrome dell’impostore e infine, inevitabile, il riconoscimento e l’accettazione di un bisogno.

Sotteso e pulsante come pochi, quello di valere, di essere riconosciuti, di sentirsi dire Bravi.

Se lo chiede, Andrea, cosa sia l’autostima. Se il valore risieda dentro o fuori.

Parla del mondo classico, quello della Grecia a cui tutti dobbiamo la vita.

-Il concetto di “classico” è quanto mai immateriale, è quasi il respiro del mondo che oggi abitiamo. Come l’atmosfera, il classico anima l’aria nella quale si formano i nostri pensieri, di cui l’antico è l’incontaminato ossigeno.-

E quello dei genitori, a cui ognuno deve la propria. 

Non senza giudizio autocritico, attraversa a ritroso il suo viaggio dentro la vita, stando ferma in una notte chiara di maggio al Museo dell’Acropoli di Atene.

Un privilegio di cui ci ha reso dono, con queste pagine.

Rifiuto, rabbia, distacco.

Fuga.

“Ma questa storia non è finita per sempre come sta finendo la mia notte al Museo dell’Acropoli. Molte pagine sono ancora da scrivere, quelle della cura, del risarcimento, della soluzione. Forse anche della restituzione.

Il tempo presente è il foglio bianco della storia futura della Grecia. La mano e l’anima che la scriveranno sono le nostre.”

Vale anche per noi. 

© Erika Carta